domenica 9 gennaio 2011

IL GIAPPONE - 4° parte

a cura di Ist. Benini Barbara



3: Le arti marziali in Giappone

A partire dalla seconda metà dell’epoca Tokugawa (1603-1868) le arti marziali si trasformano da metodi di combattimento prettamente utilitaristici in “Do” cioè “Via” di sviluppo fisico e spirituale del praticante.
Ciascuna arte marziale tradizionale è il risultato di una ricerca in cui uomini eccezionali hanno investito la loro intera esistenza.
Come scrive il M° Tokitsu nel suo libro "Storia del Karate – La Via della Mano Vuota", le arti marziali giapponesi hanno subito una evoluzione seguendo diverse tappe: come vincere distruggendo l'avversario; come vincere utilizzando meno forza; come vincere senza far male al proprio avversario; come non fare la guerra e, infine, come instaurare la pace.
L’ Aikido “via dell’armonizzazione dell’energia” usa la forza e la velocità dell’avversario a proprio vantaggio. L’allenamento unisce coscienza spirituale ed agilità fisica.
Il Kendo sostituisce alla spada in metallo una spada in bambù (shinai) della lunghezza di poco più di un metro e rappresenta una versione incruenta dell’antica arte schermistica del samurai. Nato in origine come tecnica di allenamento, si è affermato agli inizi del novecento come disciplina sportiva. Le gare si disputano su di un quadrato di 9-10 m da lato e hanno durata variabile dai 3 ai 5 minuti. I contendenti vestiti con caratteristici costumi, indossano un’armatura e a protezione del viso una maschera a rete di ferro. I colpi, portati con lo shinai, devono essere diretti solo a determinate parti del corpo dell’avversario ( testa, busto, avambraccio e gola). Risulta vincitore chi per primo conquista due punti. Gli atleti sono suddivisi in categorie a seconda del peso e del grado si perfezionamento. Esistono anche gare a squadre.

          Il Kyudo “via dell’arco” ha molti punti di contato con il buddismo zen.
Sebbene sia importante la precisione nel colpire il bersaglio, l’accento è posto anche sulla concentrazione del corpo e della mente.
Il sumo , lotta di origine shintoista, praticata come attività sportiva dal secolo XVII. Il combattimento, di durata inferiore a un minuto, ha luogo su una pedana circolare di 4,5 m di diametro delimitata da una corda di grosso spessore posta a terra. Il combattimento è preceduto dal caratteristico rituale di purificazione che prevede il lancio del sale sul terreno di lotta. I due contendenti (sumotori o rikishi) indossano solo un perizoma (mae-tate-mitsu) e una spessa corda di seta. Vince l’incontro chi riesce a spingere l’avversario oltre la zona delimitata o a far toccare la pedana con qualsiasi parte del corpo (escluso i piedi) utilizzando una o più delle 48 prese autorizzate dalla pratica. I lottatori sono spesso di corporatura eccezionale grazie alla dieta ipercalorica che seguono e vengono perciò suddivisi in categorie di merito ( e non in base al peso). Questo tipo di lotta gode di grande popolarità in Giappone e ogni anno è luogo di sei principali tornei.
Nel capitolo successivo mi occuperò più diffusamente del karate, l’arte marziale che pratico io stessa.