giovedì 17 marzo 2011

IL GIAPPONE - 7° parte

a cura di Ist. Benini Barbara

LEGAME CON ALCUNI DEI MIEI MAESTRI

Ascoltando le esperienze di alcuni maestri dello Shotokai che hanno partecipato a numerosi stage del Maestro Murakami, tra cui i maestri Maltoni, Cellini e Vacchi, ho potuto constatare che fosse un grande maestro, persona carismatica. Ogni suo allenamento era un’esperienza umana esclusiva e con un pizzico di invidia posso anche affermare indimenticabile. 




8 : La scuola Shotokai in Italia e i contatti con lo Yuten Kai Giapponese


La “Scuola Shotokai Italia”nasce nella prima metà degli anni ’80 come nuova denominazione del “Murakami Kai”, l’associazione creata dagli allievi del M° Tetsuji Murakami negli anni ’70 con lo scopo di diffondere il karate do Shotokai nella forma trasmessa dal maestro. Fu lo stesso Murakami a decidere il cambio di denominazione.
Con l’obiettivo di rendere la gestione più snella e rispondere alle esigenze degli iscritti, la Scuola Shotokai Italia viene riorganizzata, tramite approvazione di uno statuto, in occasione dello stage nazionale tenutosi nel settembre 1992 a Sportilia. Tuttora l’associazione opera nell’ambito della Federazione Italiana Karate Tradizionale  e discipline Affini (FIKTA) diretta dal responsabile tecnico nazionale M° Maltoni Antonio e gestita, dal punto di vista organizzativo, da un consiglio direttivo.
Il primo incontro concreto tra l’organizzazione Italiana e l’organizzazione giapponese “Yutenkai” risale al 2000 quando la nostra delegazione è stata  invitata a partecipare alla “Yuten Kai Annual Joint Camp 2000”.

Apro una parentesi per spiegare il significato del termine Yuten Kai e a cosa si riferisce. Lo Yuten Kai è un’associazione organizzata dagli allievi diretti di Egami Sensei (maestro). Yuten (pregando il cielo) era lo pseudonimo utilizzato dal M° Egami per firmare le proprie  opere calligrafiche  (shodo).

Attualmente in Giappone l’associazione si articola in sette gruppi principali:
1.     Oita Yuten Kai – prefettura di Oita
2.     Oita Mu Ten Kai – prefettura di Oita
3.     Okayama Yuten Kai – prefettura di Okayama
4.     Hosei University Giwa Domon Kai - Tokyo
5.     Toho University Yuten Kai - Tokyo
6.     Heiho Ten Shin Kai – Kawasaki, Kanagawa
7.     Jujitsu Yuten Kai – Kawasaki, Kanagawa

Ritorniamo all’incontro con l’organizzazione Yuten Kai giapponese, ottima occasione per poter apprezzare l’insegnamento dei Maestri Kinoshita, Matsuhashi, Koibuchi, Ariga, Nakano e Ito, tutti allievi diretti del M° Egami. Il M° Koibuchi è anche il fondatore del club “Fujitsu Yutenkai” di Kawasaki. Si parte con il taiso (ginnastica preparatoria), successivamente con kihon e kumite terminando con una fase di allenamento libero in cui ogni praticante poteva approfondire le tecniche apprese in un’atmosfera di scambio spontaneo. L’esito estremamente piacevole di questo incontro ha posto solide basi per la continuazione del rapporto tecnico con l’associazione giapponese.
Infatti nell’ottobre 2001 e 2002 vengono invitati i maestri Isao Ariga e Masayuki Nakano allo stage Internazionale svoltosi a Sportilia. In questi incontri i maestri giapponesi hanno potuto constatare il nostro livello tecnico e confermare l’uniformità del nostro lavoro con quello praticato dallo Yuten Kai. L’enfasi posta sulla decontrazione e sul corretto assetto del corpo con gli esercizi proposti è palpabile e i maestri si sono prodigati a chiarire i principi che stanno alla base delle tecniche presentate. La novità del primo incontro è stata la pratica del cosiddetto “enjoying keiko” (allenamento per divertirsi) al quale abbiamo partecipato tutti con entusiasmo, compreso i  due maestri giapponesi che si sono cimentati in esercizi  a coppie con due bambine: ciò ci fa rendere conto di quanto la semplicità e l’umiltà possano essere sinonimo di grandezza. L’alto numero di partecipanti è il segno della buona riuscita dello stage, emozionante e appagante, sotto la direzione di persone così “grandi” sia dal punto di vista tecnico che da quello umano.

9: Esperienza finale in Giappone


In chiusura di questa “tesina” ho deciso di riportare le mie impressioni in merito allo Yutenkai Gasshuku, stage estivo svoltosi a Tokyo in giugno 2004,  condotto dai maestri Kinoshita, Koibuchi, Fukawa, Ariga e Nakano, allievi del grande maestro Egami. Vari sono stati gli allenamenti, in diversi posti, con tutti i maestri che ho citato; tutti ci hanno dato prova delle loro capacità tecniche senza riserve, ripetendo a più riprese gli stessi esempi, quasi facendoci sentire fuori luogo per tanta disponibilità e cordialità.
Che dire.... un sogno che si avverava: finalmente ho avuto la possibilità di confrontarmi di persona con figure quasi “mitiche” di cui avevo fino a quel momento solo sentito parlare, scoprendo che si tratta di persone semplici, ma di immenso valore.
Attraverso il loro esempio ho capito che l’umiltà nell’insegnamento,  la generosità nei consigli, il rispetto verso i praticanti, il rigore nell’allenamento devono essere elementi costanti ed imprescindibili nella pratica del karate.
Lavorare con loro è stato, dunque, un’esperienza interessante, coinvolgente e di alto valore didattico per chi, come me aspira ad un continuo miglioramento. Al di là di questo, quel che mi ha colpito è l’umiltà che queste persone dimostrano: (vedere il maestro Koibuchi il più anziano del Fujitsu Yutenkai mettersi in fila ed eseguire le tecniche seguendo gli ordini di un altro maestro molto più giovane è stato alquanto strano per noi occidentali, sempre desiderosi di metterci in evidenza rispetto alle altre persone) e, per quel che riguarda gli altri praticanti, la totale mancanza di competizione nei nostri confronti: per loro eravamo compagni con cui praticare una disciplina, in piena collaborazione e senza la minima rivalità. Più volte al termine degli allenamenti mi sono ritrovata a pensare che, invece, molto spesso noi occidentali gareggiamo “contro” il nostro compagno, per vincerlo e non per crescere insieme.
Uno dei punti focali del loro modo di praticare, ben evidenziato dal Maestro Kinoshita: durante la dimostrazione di alcune tecniche di Kumite ogni attacco veniva convogliato in un vortice di cui il suo corpo era perennemente il centro; ci si trovava proiettati senza avere la percezione fisica della sua azione. Nel momento in cui gli attacchi venivano intercettati, sembrava che le nostre forse ci abbandonassero completamente e qualsiasi tentativo di opporre resistenza fosse del tutto vano. Ho avuto modo in questo frangente di ripensare agli allenamenti fatti in Italia con i maestri Ariga e Nakano, che  ininterrottamente ci spiegavano esercizi per la centralizzazione ed una maggiore flessibilità, facendo esempi su come mantenere sempre una posizione corretta su tutte le tecniche, sfruttando al massimo la nostra energia.
Nonostante lo stage sia stato impegnativo e gli allenamenti abbiano assorbito la gran parte del nostro tempo, accompagnati dagli amici dello Yutenkai, persone a nostra disposizione giorno e notte,  io ed i miei compagni di viaggio  abbiamo avuto modo di fare anche turismo “tradizionale” scoprendo alcuni aspetti di una città come Tokyo e visitando luoghi di enorme valore culturale, che mi hanno emozionato e nello stesso tempo arricchito spiritualmente.
Tokyo è una città meravigliosa, ricca di contrasti: accanto a immensi grattacieli ultra-moderni, ristoranti di ogni genere e cultura, centri commerciali grandissimi, luci rutilanti, si trovano antichi templi, vere e proprie oasi di tranquillità e spiritualità nel caos della vita contemporanea. Allo stesso modo, persone vestite secondo i dettami della nostra moda, con telefoni cellulari di ultima generazione si mescolano a signore vestite col classico kimono, zoccoli di legno ai piedi e acconciatura tradizionale. Una cosa che mi ha particolarmente colpito è il silenzio che regna nelle metropolitane, nonostante siano affollate di gente in continuo movimento: i passeggeri sui treni stanno in silenzio, ad occhi chiusi, per distaccarsi dal mondo e rilassarsi. Un momento di quiete, dunque, nella vita di persone che in media lavorano dodici ore al giorno, spesso dedicando il week-end ad attività di socializzazione con colleghi e capiufficio e alla spesa con tutta la famiglia in un grande centro commerciale. Nonostante questa vita frenetica tutti mostrano una tranquillità, una cordialità e una cortesia disarmanti, sempre pronti a saluti, inchini e ringraziamenti.
Uno dei momenti vissuti molto intensi è stata la visita presso il Kamakura-reien alla tomba del Maestro Egami partecipando come da tradizione offrendo fiori, lavando la tomba e facendo bruciare bastoncini d’incenso.
Sicuramente una delle tappe più interessanti è stata la visita a un tempio buddista zen di scuola Rinzai, il Manju-ji di Oita, nell’isola di Kyushu.
La giornata dei monaci inizia alle quattro di mattina. Nella sala centrale si respira un’atmosfera magica; nulla è casuale o superfluo: al suono profondo di martelli, tamburi e campane che ritmano la recitazione dei  Sutra i monaci veloci e sicuri occupano il proprio posto.
L’emozione sale ai massimi livelli con l’arrivo del maestro, che si colloca ai piedi della statua del Buddha. Anche in questo ambiente mi ha impressionato l’espressione di quiete, di profonda serenità, di armonia dipinta sul volto dei monaci, sempre cordiali e disponibili nei nostri confronti, in ogni momento, anche quello della colazione consumato insieme a loro nella sala pasti del tempio.
Nell’isola di Kyushu abbiamo visitato Oita, scoprendo un altro aspetto del Giappone: non più Tokyo, la grande metropoli iper-tecnologica, ma una cittadina che offre un panorama bellissimo dal punto di vista naturalistico, con le sue verdi colline, le risaie e i giardini curatissimi a fianco di ogni casa.
Abbiamo avuto poi modo di visitare Beppu, una delle città termali più famose del Giappone per la varietà delle sue acque. Qui tremila stazioni termali forniscono acqua calda e riscaldamento ad alberghi e ad abitazioni private. Non è mancata l’occasione di visitare luoghi ricchi di storia e interessanti per il loro valore artistico: un esempio, la visita al castello di Kumamoto, uno dei più famosi del Giappone, fatto costruire circa quattrocento anni fa da un signore feudale, all’interno del quale sono esposte alcune armature antiche dei Samurai.
Durante il nostro soggiorno infine, siamo inevitabilmente entrati in contatto con riti, costumi, usanze tipiche e tradizionali. Una di queste è il bagno giapponese, l’ofuro, al quale siamo stati invitati spesso, quasi dopo ogni allenamento. Si dice che i giapponesi facciano il bagno dopo essersi lavati; in effetti la tradizione prevede che prima ci si lavi in un apposito locale, insaponandosi e risciacquandosi accuratamente stando seduti su di uno sgabello, poi ci si immerga in una grande vasca piena di acqua piuttosto calda. Un altro rito per rilassarsi e ripulire la mente, oltre al corpo, dallo stress quotidiano.
L’emozione che ho più volte captato durante i racconti  dei ricordi fra il mio Maestro, Antonio  Maltoni, ed il figlio del Maestro Egami  era un segno evidente di un legame fra passato e presente che di sicuro dava ancor più valore al nostro lavoro.
Il viaggio in Giappone, dunque, ha rappresentato per me un occasione di arricchimento culturale e interiore, che mai dimenticherò.